VILLA ROMANA DI S. ANDREA: QUARTO MONDO DELLA CULTURA.
Ripercorriamo le incredibili vicende di quest'area archeologica.
Lungo il litorale di Sant'Andrea, in Comune di Quartu S. Elena (CA), in parte sulla terraferma ed in parte sotto pochi centimetri d'acqua, sono presenti i resti di una delle rare villae costiere romane del Mediterraneo. Si tratta di un complesso residenziale-produttivo con ambienti termali, un piccolo approdo e, quasi certamente, un impianto di acquacoltura risalente al II-IV sec. d. C. Nel XVI secolo sui ruderi della villa romana venne realizzata la torre costiera di S. Andrea nell'ambito del sistema di difesa spagnolo contro le incursioni barbaresche. Un vero condensato di storia e di testimonianze archeologiche che ha resistito ai secoli, alle intemperie, alle scorrerie piratesche, alle guerre, ma non riuscì ad opporsi a quella melma cementizia montante che è la speculazione edilizia alla quartese. Infatti, nel 1965, una carica di esplosivo distrusse la torre costiera e consentì la realizzazione di un bel terrazzamento sul quale venne edificata una residenza stagionale, una "seconda casa", per intenderci. Ogni commento è superfluo.
Sul finire degli anni '70 del secolo scorso, la dott.ssa Donatella Salvi (Soprintendenza archeologica di Cagliari) compì e studi e rilievi di caratteri archeologico sul sito ("Ruderi romani a Sant'Andrea – Cagliari" in Mondo Archeologico, n. 25, marzo 1978), successivamente ripresi nella letteratura scientifica ma soprattutto fondamentali per l'apposizione del vincolo archeologico con il decreto ministeriale del 10 luglio 1982 ai sensi della legge n. 1089/1939. Nonostante il provvedimento di tutela, i gravi atti di manomissione e di degrado continuarono: l'allora Assessore comunale all'Urbanistica, Mario Murgia, il 14 maggio 1992 denunciò alla Soprintendenza Archeologica, alla Capitaneria di Porto ed alla Procura della Repubblica presso
Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d'Intervento Giuridico, dopo un accurato lavoro conoscitivo svolto dal prof. Antonello Fruttu, inoltrarono il 3 febbraio 1998 un circostanziato esposto alle pubbliche amministrazioni competenti per far recuperare alla salvaguardia ed alla fruizione pubblica l'area archeologica. Nel mentre si diffondevano in quei giorni insistenti voci di un interessamento di un noto personaggio della politica regionale per l'acquisizione della "seconda casa" con imbarcadero archeologico. L'esposto ecologista ebbe effetti insperati.
Fortunatamente c'è chi si è mosso in modo diverso: grazie all'intervento della Capitaneria di Porto di Cagliari,
Per porre fine a questo incredibile stato di degrado, le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d'Intervento Giuridico hanno inoltrato un nuovo esposto (12 aprile 2007) al Ministero dei beni culturali, agli Assessori regionali dell'urbanistica e dei beni culturali, al Corpo forestale e di vigilanza ambientale, al Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici, al Soprintendente per i beni archeologici di Cagliari, al Sindaco di Quartu S. Elena e, per opportuna conoscenza, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.
L'area in argomento ricade nel demanio marittimo, è tutelata con specifico vincolo paesaggistico e storico-culturale (decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni), mentre la fascia costiera dei mt. 300 dalla battigia è tutelata con specifico vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993). Nel piano paesaggistico regionale – P.P.R., recentemente approvato con deliberazione Giunta regionale n. 36/7 del 5 settembre 2006, l'area appare ricompresa nell'ambito di paesaggio costiero n. 1 "Golfo di Cagliari" (art. 14 delle norme tecniche di attuazione) ed è classificata "insediamento archeologico". Pur essendo il Comune di Quartu S. Elena provvisto di P.U.C. definitivamente approvato ed in vigore, si applicano per tale ambito di paesaggio costiero le disposizioni cautelari provvisorie (art. 1 della legge n. 1902/1952 e successive modifiche ed integrazioni) di cui all'art. 15, comma 3°, delle norme tecniche di attuazione del P.P.R.
Appare decisamente auspicabile la realizzazione di una campagna di scavi archeologici finalizzata alla successiva definitiva realizzazione di interventi di protezione e di fruizione pubblica, comprendenti la rimozione dei fattori ostativi (costruzioni, detriti, ecc.), la predisposizione degli opportuni sistemi di protezione e sicurezza dei ruderi di interesse archeologico, la sistemazione di adeguati materiali illustrativi, ecc. Iniziando con qualche poco dispendioso intervento mirato, si potrebbe tutelare il patrimonio culturale e fornire un richiamo turistico in un litorale fin troppo "massacrato" dal cemento, spesso illegale.
p. Gruppo d'Intervento Giuridico e Amici della Terra
Stefano Deliperi
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