----- Original Message -----
From: stefano deliperi Sent: Saturday, January 14, 2006 4:49 PM
Subject: aliga a Cagliari
Cari amici, sotto trovate alcune notizie in relazione all'ennesima emergenza rifiuti cagliaritana. Buona lettura...
Stefano Deliperi
Gruppo d'Intervento Giuridico
ulteriori informazioni su http://gruppodinterventogiuridico.blog.tiscali.it/
da La Nuova Sardegna, 12 gennaio 2006
From: stefano deliperi Sent: Saturday, January 14, 2006 4:49 PM
Subject: aliga a Cagliari
Cari amici, sotto trovate alcune notizie in relazione all'ennesima emergenza rifiuti cagliaritana. Buona lettura...
Stefano Deliperi
Gruppo d'Intervento Giuridico
ulteriori informazioni su http://gruppodinterventogiuridico.blog.tiscali.it/
da La Nuova Sardegna, 12 gennaio 2006
La polemica inutile tra istituzioni e le multe in arrivo. Rifiuti, tariffe sberla ai cittadini. Non c'è la filiera necessaria per raccogliere e poi smaltire. Accuse dalla Provincia: soltanto il capoluogo non riesce a fare una serie selezione sull'immondizia. ALESSANDRA SALLEMI
CAGLIARI. L'altra faccia della polemica Regione-Comune sull'emergenza rifiuti è quella del cittadino che prenderà una sberla con le prossime bollette. L'unica cosa che si comprende bene dalle dichiarazioni del sindaco e da quelle dell'assessore regionale è che Cagliari sarà multata, non importa (sotto questo profilo) per colpa di chi e la bolletta media di 157 euro subirà un'impennata. In cinque anni le tariffe sono cresciute del 68,7 per cento come informano gli ambientalisti di Gruppo di intervento giuridico e Amici della Terra, i quali sottolineano che la Sardegna e Cagliari in particolare tendono ad aggiudicarsi tutti i primati negativi: solo il Molise è più lenta della Sardegna nell'adeguarsi al decreto Ronchi, ma Cagliari riesce a essere al 5° posto fra le città per i rialzi delle tariffe negli ultimi 5 anni senza, però, come altre, aver innescato un'efficiente raccolta differenziata. Gli ambientalisti hanno calcolato che, se anche non ci sarà la sanzione, i cagliaritani per il 2006 pagheranno una media di 190 euro l'anno e senza aver raggiunto almeno la media nazionale del 21 per cento di 'differenziato'.
Si è capito che la multa arriverà perché il Comune non riesce a dividere i rifiuti in modo da mettere da parte un dieci per cento di immondizia umida. D'altronde, un giro per la città, ieri mattina, confermava quel che le percentuali denunciano: non è semplice nel capoluogo essere cittadini virtuosi sul fronte immondizia. E non c'è bisogno di andare fino alle trascurate periferie: ovunque i cassonetti per la raccolta indifferenziata, quelli di alluminio che resistono negli anni, sono ancora dove li abbiamo sempre visti, mentre risultano rari e, come già detto, poco adatti al bisogno, quelli gialli, rossi e azzurri. Ci si faccia caso: in centro, lungo ciascun isolato, su almeno tre strade compaiono i cassonetti per l'indifferenziato mentre quelli per carta, plastica e vetro risultano raggruppati in una strada soltanto oppure proprio non ci sono. Rosaria Congiu assessore provinciale all'ambiente non ha dubbi: fino a quando ci saranno in giro i cassonetti indifferenziati, la raccolta divisa per materiali si fermerà sempre su percentuali minime. In materia di rifiuti la Provincia deve fare due cose: dare esecuzione al piano regionale con un piano proprio, condurre i controlli anti inquinamento sugli impianti dell'intera filiera dello smaltimento. A proposito del primo aspetto valga un esempio: se la Regione stabilisce che le discariche di servizio per un inceneritore debbano andare in aree ritenute idonee sulla base di una serie di parametri, l'ente chiamato a stabilire quali siano queste aree nel territorio è la Provincia. Non è un esempio casuale perché il tema discarica di servizio apre un capitolo controverso dell'attuale emergenza. La discarica di servizio serve per le ceneri della termovalorizzazione (dalla combustione dei rifiuti si produce energia elettrica), Tecnocasic cerca da anni una discarica alternativa a Sarroch (colma), ma tutte le pratiche aperte e fallite hanno portato alla fine nell'unico impianto pronto a salvare il capoluogo e i dintorni con ampliamenti ripetuti. Si parla della discarica di Ecoserdiana ormai giunta al riempimento che, anche stavolta, sarebbe pronta ad allargarsi, ma le popolazioni si sono ribellate e vantano i comuni del Parteolla (territorio di appartenenza della discarica) come virtuosissimi col 70 per cento di raccolta differenziata avviata capace di produrre premi e non multe da scaricare sui cittadini. Insomma Tecnocasic dovrà tirare fuori dal cassetto proposte finalmente accettabili (le aree le individua la Provincia ma la proposta dei siti deve giungere dall'entità interessata alla discarica): due arrivate in passato sono state bocciate perché non hanno retto alla valutazione di impatto ambientale, quelle successive risalgono al novembre scorso, l'assessore garantisce un'istruttoria attenta, ma si racconta che il sito non sia individuato con troppa chiarezza (uno ad Assemini, l'altro a Uta) e, soprattutto, uno di questi due, se la cartina non è eccessivamente infedele, è a ridosso di un corso d'acqua. Altra questione su cui Tecnocasic dovrebbe affrettarsi è l'annunciato impianto per produrre compost (concime) dal rifiuto umido: ora c'è solo uno scavo, ci si chiede come mai Tecnocasic insista a suggerire di ricevere l'autorizzazione a impegnarsi nella preselezione di tutti i rifiuti che non sono carta, plastica, vetro e alluminio se, nella realtà di questi giorni, non sa dove mettere le ceneri e tantomeno è pronto per produrre compost. Infine, le tariffe per la termodistruzione. Anche secondo l'assessore Congiu si tratta di cifre eccessive che i comuni soci di Casic-Tecnocasic avrebbero il dovere di mettere in discussione: perché finora nessuno l'ha fatto?
La storia è cominciata quattro anni fa con la costituzione della società mista Sam tra Municipio e privati. Un lungo mistero tra pasticci e affari. Innumerevoli ricorsi e contro-ricorsi: sullo sfondo cinquecento milioni
ROBERTO PARACCHINI
CAGLIARI. Rifiuti, affari e pasticci hanno contrassegnato l'era della Sam, la società mista Comune-privati inutilmente costituita per la gestione dei rifiuti): periodo terminato il 10 novembre del 2004 con la sentenza del Consiglio di Stato. Quel giorno il giudice amministrativo d'appello respinse la richiesta di sospensiva avanzata dalla Wastemanager sulla vertenza-Sam, chiudendo in tal modo un groviglio di dispute legali. In precedenza, il 9 giugno dello stesso anno, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) aveva annullato l'appalto per il parternariato nella Sam, vinto dalla Wastemanager. Una delle società escluse (la De Vizia) aveva fatto, infatti, ricorso. E tutto fu bloccato. Poi la sentenza che ha dato ragione al ricorrente e, infine, il Consiglio di Stato che ha respinto il contro ricorso della vincente iniziale (giudizio successivamente confermato anche nel merito). Il pastrocchio era iniziato nel 2002 quando l'amministrazione municipale, per mettere ordine nella gestione dei rifiuti, pensò a tutto quello che si sarebbe dovuto fare, mise nero su bianco e ne fece la ragione sociale della Sam, col Comune proprietario al 51 per cento e il privato al 49. Poi venne bandito l'appalto per la scelta del partner. Ma un errore materiale, capitato durante l'apertura delle buste, ha permesso alla De Vizia di rientrare in scena. Ma perchè tutto questo accanimento per questo appalto? Perchè la posta in gioco era un contratto di vent'anni per complessivi cinquecento milioni di euro. All'apertura delle buste risultò vincitrice il raggruppamento Waste-Termomeccanica-Itainvest che offrì un canone annuo di quasi 43 miliardi di vecchie lire più Iva. Ma, come accennato, i perdenti presentarono ricorso al Tar. Poco dopo un tentativo di riconciliazione portò a un accordo tra le parti e anche gli esclusi furoni inglobati. Ma la pace durò pochi mesi: altri dissidi rimisero in primo piano le carte bollate. Poi la confusione si è aggiunta al caos come nel caso dell'affidamento, dal Comune a terzi, di una consulenza per la raccolta differenziata: una trattativa privata per il ritiro di imballaggi e carta, a cui ha fatto seguito un esposto al Tar della Sam (col Municipio azionista di maggioranza) contro l'affidamento deciso dallo stesso Municipio. Poi la società Sam ha sbaraccato e il paradosso è rientrato. E vi furono anche roventi polemiche come per una parcella di, cinquecentomila euro, pagata dall'amministrazione allo studio di un noto avvocato (Ovidio Marras) per tutelare il Comune nella vertenza Sam. Ed ancora: per due anni vi furono i costi di un presidente, un consulente e altri funzionari della Sam, per poi dimostrarsi una spesa del tutto inutile. Il settore dei rifiuti è particolarmente delicato perchè considerato a rischio di ecomafia, come dimostrato da numerose sentenze giudiziarie nazionali. In Sardegna non c'è stato questo inquinamento ma il comparto sembra abbonato alla sfortuna. Anche se va ricordato che, per la Sam, tutto è iniziato per un errore materiale durante l'appalto. Finita l'era della società mista, l'amministrazione ha deciso di fare un appalto per l'affidamento esterno del servizio: per sei mesi. Ma il tutto si è svolto in un clima di ombre e sospetti. Ai primi di aprile del 2005, infatti, l'assessore comunale ai Servizi tecnologici, Giorgio Angius, da cui dipende il servizio, spedì una lettera al funzionario dirigente per contestargli la "determina" per l'appalto della raccolta dei rifiuti. L'appalto previsto sarebbe stato tanto restrittivo da poter "determinare distorsioni della concorrenza". Inoltre, aggiunse Angius, potrebbero esservi "distorsioni del corretto funzionamento del mercato". Detta in termini più chiari voleva dire che i criteri della gara d'appalto ipotizzata (era prevista una licitazione) avrebbero potuto produrre una selezione tale da eliminare, già in partenza, una serie di possibili concorrenti e, quindi, permettere di sospettare che altri ne venissero agevolati. Poi vennero fatti alcuni piccoli ritocchi al capitolato d'appalto e la licitazione fu fatta. Di certo, però, l'ombra è rimasta. Il resto è storia di oggi con le relative polemiche.
Splendido modello organizzativo, i contribuenti ora pagano la metà.
ALESSIA PILLOLLA
PIMENTEL. Un risparmio del 55 per cento sullo smaltimento dei rifiuti a un anno e mezzo dall'inizio della raccolta differenziata in un comune di 1.200 abitanti. "Se non ci fossimo impegnati in tempo - sostiene Ornella Deidda, responsabile del servizio - nel 2005 avremmo pagato 45 mila euro. Ce la siamo cavata con 20 mila". La raccolta differenziata è iniziata nel giugno del 2004. Pimentel ha disposto da subito la differenziazione di plastica e carta e la divisione fra l'umido (riciclabile) e il secco (non riciclabile), ostacolo d'impatto con il nuovo metodo di smaltire spazzatura. Un anno dopo si registrava una diminuzione dei rifiuti da discarica pari al 53 per cento. "La trovata giusta - continua Ornella Deidda - è stata la distribuzione dei contenitori per il ritiro porta a porta di qualsiasi genere di rifiuto. Con in più i depliants esplicativi per educare la popolazione a collocare ciascun rifiuto al posto giusto". Il ritiro a domicilio responsabilizza il singolo cittadino, costretto a rispettare le disposizioni, pena il non ritiro del sacchetto. Risultato: oggi il 71 per cento dei rifiuti prodotti dal piccolo centro trexentino è differenziato e pronto al riciclaggio. L'esito è ottimo sul piano ecologico ma anche economico: finora ad essere avvantaggiate sono state le casse comunali, poi toccherà ai cittadini.
CAGLIARI. L'altra faccia della polemica Regione-Comune sull'emergenza rifiuti è quella del cittadino che prenderà una sberla con le prossime bollette. L'unica cosa che si comprende bene dalle dichiarazioni del sindaco e da quelle dell'assessore regionale è che Cagliari sarà multata, non importa (sotto questo profilo) per colpa di chi e la bolletta media di 157 euro subirà un'impennata. In cinque anni le tariffe sono cresciute del 68,7 per cento come informano gli ambientalisti di Gruppo di intervento giuridico e Amici della Terra, i quali sottolineano che la Sardegna e Cagliari in particolare tendono ad aggiudicarsi tutti i primati negativi: solo il Molise è più lenta della Sardegna nell'adeguarsi al decreto Ronchi, ma Cagliari riesce a essere al 5° posto fra le città per i rialzi delle tariffe negli ultimi 5 anni senza, però, come altre, aver innescato un'efficiente raccolta differenziata. Gli ambientalisti hanno calcolato che, se anche non ci sarà la sanzione, i cagliaritani per il 2006 pagheranno una media di 190 euro l'anno e senza aver raggiunto almeno la media nazionale del 21 per cento di 'differenziato'.
Si è capito che la multa arriverà perché il Comune non riesce a dividere i rifiuti in modo da mettere da parte un dieci per cento di immondizia umida. D'altronde, un giro per la città, ieri mattina, confermava quel che le percentuali denunciano: non è semplice nel capoluogo essere cittadini virtuosi sul fronte immondizia. E non c'è bisogno di andare fino alle trascurate periferie: ovunque i cassonetti per la raccolta indifferenziata, quelli di alluminio che resistono negli anni, sono ancora dove li abbiamo sempre visti, mentre risultano rari e, come già detto, poco adatti al bisogno, quelli gialli, rossi e azzurri. Ci si faccia caso: in centro, lungo ciascun isolato, su almeno tre strade compaiono i cassonetti per l'indifferenziato mentre quelli per carta, plastica e vetro risultano raggruppati in una strada soltanto oppure proprio non ci sono. Rosaria Congiu assessore provinciale all'ambiente non ha dubbi: fino a quando ci saranno in giro i cassonetti indifferenziati, la raccolta divisa per materiali si fermerà sempre su percentuali minime. In materia di rifiuti la Provincia deve fare due cose: dare esecuzione al piano regionale con un piano proprio, condurre i controlli anti inquinamento sugli impianti dell'intera filiera dello smaltimento. A proposito del primo aspetto valga un esempio: se la Regione stabilisce che le discariche di servizio per un inceneritore debbano andare in aree ritenute idonee sulla base di una serie di parametri, l'ente chiamato a stabilire quali siano queste aree nel territorio è la Provincia. Non è un esempio casuale perché il tema discarica di servizio apre un capitolo controverso dell'attuale emergenza. La discarica di servizio serve per le ceneri della termovalorizzazione (dalla combustione dei rifiuti si produce energia elettrica), Tecnocasic cerca da anni una discarica alternativa a Sarroch (colma), ma tutte le pratiche aperte e fallite hanno portato alla fine nell'unico impianto pronto a salvare il capoluogo e i dintorni con ampliamenti ripetuti. Si parla della discarica di Ecoserdiana ormai giunta al riempimento che, anche stavolta, sarebbe pronta ad allargarsi, ma le popolazioni si sono ribellate e vantano i comuni del Parteolla (territorio di appartenenza della discarica) come virtuosissimi col 70 per cento di raccolta differenziata avviata capace di produrre premi e non multe da scaricare sui cittadini. Insomma Tecnocasic dovrà tirare fuori dal cassetto proposte finalmente accettabili (le aree le individua la Provincia ma la proposta dei siti deve giungere dall'entità interessata alla discarica): due arrivate in passato sono state bocciate perché non hanno retto alla valutazione di impatto ambientale, quelle successive risalgono al novembre scorso, l'assessore garantisce un'istruttoria attenta, ma si racconta che il sito non sia individuato con troppa chiarezza (uno ad Assemini, l'altro a Uta) e, soprattutto, uno di questi due, se la cartina non è eccessivamente infedele, è a ridosso di un corso d'acqua. Altra questione su cui Tecnocasic dovrebbe affrettarsi è l'annunciato impianto per produrre compost (concime) dal rifiuto umido: ora c'è solo uno scavo, ci si chiede come mai Tecnocasic insista a suggerire di ricevere l'autorizzazione a impegnarsi nella preselezione di tutti i rifiuti che non sono carta, plastica, vetro e alluminio se, nella realtà di questi giorni, non sa dove mettere le ceneri e tantomeno è pronto per produrre compost. Infine, le tariffe per la termodistruzione. Anche secondo l'assessore Congiu si tratta di cifre eccessive che i comuni soci di Casic-Tecnocasic avrebbero il dovere di mettere in discussione: perché finora nessuno l'ha fatto?
La storia è cominciata quattro anni fa con la costituzione della società mista Sam tra Municipio e privati. Un lungo mistero tra pasticci e affari. Innumerevoli ricorsi e contro-ricorsi: sullo sfondo cinquecento milioni
ROBERTO PARACCHINI
CAGLIARI. Rifiuti, affari e pasticci hanno contrassegnato l'era della Sam, la società mista Comune-privati inutilmente costituita per la gestione dei rifiuti): periodo terminato il 10 novembre del 2004 con la sentenza del Consiglio di Stato. Quel giorno il giudice amministrativo d'appello respinse la richiesta di sospensiva avanzata dalla Wastemanager sulla vertenza-Sam, chiudendo in tal modo un groviglio di dispute legali. In precedenza, il 9 giugno dello stesso anno, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) aveva annullato l'appalto per il parternariato nella Sam, vinto dalla Wastemanager. Una delle società escluse (la De Vizia) aveva fatto, infatti, ricorso. E tutto fu bloccato. Poi la sentenza che ha dato ragione al ricorrente e, infine, il Consiglio di Stato che ha respinto il contro ricorso della vincente iniziale (giudizio successivamente confermato anche nel merito). Il pastrocchio era iniziato nel 2002 quando l'amministrazione municipale, per mettere ordine nella gestione dei rifiuti, pensò a tutto quello che si sarebbe dovuto fare, mise nero su bianco e ne fece la ragione sociale della Sam, col Comune proprietario al 51 per cento e il privato al 49. Poi venne bandito l'appalto per la scelta del partner. Ma un errore materiale, capitato durante l'apertura delle buste, ha permesso alla De Vizia di rientrare in scena. Ma perchè tutto questo accanimento per questo appalto? Perchè la posta in gioco era un contratto di vent'anni per complessivi cinquecento milioni di euro. All'apertura delle buste risultò vincitrice il raggruppamento Waste-Termomeccanica-Itainvest che offrì un canone annuo di quasi 43 miliardi di vecchie lire più Iva. Ma, come accennato, i perdenti presentarono ricorso al Tar. Poco dopo un tentativo di riconciliazione portò a un accordo tra le parti e anche gli esclusi furoni inglobati. Ma la pace durò pochi mesi: altri dissidi rimisero in primo piano le carte bollate. Poi la confusione si è aggiunta al caos come nel caso dell'affidamento, dal Comune a terzi, di una consulenza per la raccolta differenziata: una trattativa privata per il ritiro di imballaggi e carta, a cui ha fatto seguito un esposto al Tar della Sam (col Municipio azionista di maggioranza) contro l'affidamento deciso dallo stesso Municipio. Poi la società Sam ha sbaraccato e il paradosso è rientrato. E vi furono anche roventi polemiche come per una parcella di, cinquecentomila euro, pagata dall'amministrazione allo studio di un noto avvocato (Ovidio Marras) per tutelare il Comune nella vertenza Sam. Ed ancora: per due anni vi furono i costi di un presidente, un consulente e altri funzionari della Sam, per poi dimostrarsi una spesa del tutto inutile. Il settore dei rifiuti è particolarmente delicato perchè considerato a rischio di ecomafia, come dimostrato da numerose sentenze giudiziarie nazionali. In Sardegna non c'è stato questo inquinamento ma il comparto sembra abbonato alla sfortuna. Anche se va ricordato che, per la Sam, tutto è iniziato per un errore materiale durante l'appalto. Finita l'era della società mista, l'amministrazione ha deciso di fare un appalto per l'affidamento esterno del servizio: per sei mesi. Ma il tutto si è svolto in un clima di ombre e sospetti. Ai primi di aprile del 2005, infatti, l'assessore comunale ai Servizi tecnologici, Giorgio Angius, da cui dipende il servizio, spedì una lettera al funzionario dirigente per contestargli la "determina" per l'appalto della raccolta dei rifiuti. L'appalto previsto sarebbe stato tanto restrittivo da poter "determinare distorsioni della concorrenza". Inoltre, aggiunse Angius, potrebbero esservi "distorsioni del corretto funzionamento del mercato". Detta in termini più chiari voleva dire che i criteri della gara d'appalto ipotizzata (era prevista una licitazione) avrebbero potuto produrre una selezione tale da eliminare, già in partenza, una serie di possibili concorrenti e, quindi, permettere di sospettare che altri ne venissero agevolati. Poi vennero fatti alcuni piccoli ritocchi al capitolato d'appalto e la licitazione fu fatta. Di certo, però, l'ombra è rimasta. Il resto è storia di oggi con le relative polemiche.
Splendido modello organizzativo, i contribuenti ora pagano la metà.
ALESSIA PILLOLLA
PIMENTEL. Un risparmio del 55 per cento sullo smaltimento dei rifiuti a un anno e mezzo dall'inizio della raccolta differenziata in un comune di 1.200 abitanti. "Se non ci fossimo impegnati in tempo - sostiene Ornella Deidda, responsabile del servizio - nel 2005 avremmo pagato 45 mila euro. Ce la siamo cavata con 20 mila". La raccolta differenziata è iniziata nel giugno del 2004. Pimentel ha disposto da subito la differenziazione di plastica e carta e la divisione fra l'umido (riciclabile) e il secco (non riciclabile), ostacolo d'impatto con il nuovo metodo di smaltire spazzatura. Un anno dopo si registrava una diminuzione dei rifiuti da discarica pari al 53 per cento. "La trovata giusta - continua Ornella Deidda - è stata la distribuzione dei contenitori per il ritiro porta a porta di qualsiasi genere di rifiuto. Con in più i depliants esplicativi per educare la popolazione a collocare ciascun rifiuto al posto giusto". Il ritiro a domicilio responsabilizza il singolo cittadino, costretto a rispettare le disposizioni, pena il non ritiro del sacchetto. Risultato: oggi il 71 per cento dei rifiuti prodotti dal piccolo centro trexentino è differenziato e pronto al riciclaggio. L'esito è ottimo sul piano ecologico ma anche economico: finora ad essere avvantaggiate sono state le casse comunali, poi toccherà ai cittadini.
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