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giovedì 8 febbraio 2007

CONVEGNO SALVAGUARDIA PAESAGGIO: RESOCONTO


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Sent: Thursday, February 08, 2007 12:43 AM Subject: CONVEGNO SALVAGUARDIA PAESAGGIO: RESOCONTO
COMITATI DEI CITTADINI FIRENZE - QUEL PAESAGGIO È DEL SINDACO

NOTE A MARGINE DEL CONVEGNO DI PRESENTAZIONE DELL'INTESA FRA STATO E REGIONE TOSCANA PER LA SALVAGUARDIA DEL PAESAGGIO


Al convegno intitolato "La conservazione attiva del paesaggio", tenutosi a Firenze il 2 febbraio scorso, la parola proibita che fa venire molti mal di pancia in Regione e in Sovrintendenza, alla fine è stata pronunciata più volte: Monticchiello.

" Niente paura – ci dicono - oggi quella vicenda non sarebbe più possibile; del resto come Regione Toscana eravamo contrari, ma non avevamo i poteri per fermare l'intervento, la Sovrintendenza poteva fare qualcosa ma è rimasta inerte, ecc.". In realtà il convitato di pietra, l'unico che aveva il potere di far valere il vincolo ambientale (ma che non lo ha fatto), era il Sindaco di quel Comune. Infatti le competenze relative ai vincoli ambientali, prima delegate dallo Stato alle Regioni sono poi state subdelegate dalle Regioni ai Comuni.

Si è così venuto a creare uno dei tanti conflitti di competenza che caratterizzano i nostri tempi, unificando in una stessa figura istituzionale (il Sindaco) due funzioni in conflitto fra loro: il rilascio di permessi edificatori e il rispetto dei vincoli ambientali.

Chi è deputato a rilasciare le concessioni edilizie (significativamente chiamate ora permessi di costruire) si preoccupa prima di tutto di provvedere alle sempre più vuote casse dei Comuni. Per questo gli oneri di urbanizzazione, destinati a realizzare opere pubbliche, sono oggi sempre più utilizzati per tirare avanti il bilancio ordinario. In queste condizioni i Sindaci sono anche restii a far valere il rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici.

È così che in questi anni, proprio in Toscana, accanto a Monticchiello, si sono verificati altri casi di assalto a un territorio che si vorrebbe attrattivo, rasserenante e rassicurante proprio in quanto "diverso" e "distante" dai contesti urbanizzati metropolitani, ma che un malinteso concetto di sviluppo, più o meno sostenibile, rende sempre più simile alle sgangherate periferie urbane.

Basta andare a vedere che cosa sta accadendo, per limitarsi ai Comuni più vicini a Firenze, a Strada in Chianti, a S. Casciano, all'Impruneta, a Bagno a Ripoli e a Fiesole.

Nelle intenzioni di Riccardo Conti e di Claudio Martini una "filiera" fra Stato, Regioni e Comuni, secondo un rapporto paritetico e "sussidiario" tra enti locali e Ministero, dovrebbe sostituire la "matrioska", cioè la vecchia concezione gerarchica delle funzioni e dei poteri.

Ma questa trovata terminologica difficilmente sarà in grado di salvaguardare il paesaggio toscano fintanto che i Comuni rimarranno di fatto i detentori delle facoltà decisionali definitive.

Ammesso che il sostegno di Stato e Regione sia effettivo (ma in proposito abbiamo sentito lo scetticismo di persone come il Soprintendente Lolli Ghetti e il professor Gurrieri, data la situazione in cui sono state ridotte le Sovrintendenze), ci sembra del tutto evidente che chi rilascia concessioni edilizie non dovrebbe essere la stessa persona che fa rispettare il vincolo. Ci insospettisce pertanto la preoccupazione manifestata con tanta enfasi dal Presidente della Regione il quale, dipingendo a tinte fosche l'ipotesi di ridimensionare il potere decisionale dei Comuni, paventa in tal caso una specie di catastrofe istituzionale che riporterebbe indietro la storia.

Inoltre, se sviluppo ci deve essere, come sostenuto con determinazione sempre dal Presidente della Regione, bene ha fatto Mariella Zoppi a evidenziare che il concetto di crescita non è necessariamente legato a quello di edificabilità. Richiamandoci alla sempre più urgente necessità di difendere il territorio aperto, considerata la sua natura di risorsa limitata, pensiamo che vi debbano essere zone soggette a vincoli di inedificabilità assoluta.

Nel corso del Medioevo, su un singolare ambiente naturale, una laguna ricca di varietà biologiche, si sovrappose una preziosa realtà costruita, mirabilmente integrata col territorio circostante: la città di Venezia. Oggi un'opera così equilibrata e peculiare da diventare unica al mondo, non sarebbe probabilmente più possibile. Anche se ripristinassimo controlli rigorosi sul valore estetico dell'oggetto architettonico, sul suo inserimento ambientale e sulla qualità del buon costruire (tutte cose considerate obsolete dai nostri "sviluppisti"), i risultati non sarebbero gli stessi a causa delle profonde modificazioni intervenute nei processi di trasformazione territoriale, nei tempi e modi di trasmissione delle conoscenze, nelle caratteristiche e disponibilità del territorio.

Per questo non una frettolosa impazienza ma una prudente cautela dovrebbe essere l'atteggiamento giusto degli attuali responsabili del territorio.




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